Nel corso del 2020 una delle emergenze più evidenti è stata quella della salute mentale. Il Covid 19 ha ristretto la nostra libertà, creato incertezza verso il futuro e di conseguenza ha reso più diffusa la sofferenza psichica. Secondo un recente studio dell’ANSA, sarebbero 84 milioni ‒ una su sei ‒ le persone che soffrono di disturbi della mente in Europa. Solo in Italia, si stimano nei prossimi mesi fino a 150.000 casi di depressione in più.
In questa nuova e drammatica situazione il design progettato per curare il disagio psichico può avere un ruolo estremamente importante. Il suo ambito di intervento può ricercarsi nel co-design, una metodologia progettuale capace di coinvolgere gli utenti. In questo contesto le persone sono viste come parte attiva, co-designer e co-ideatrici di oggetti di design desiderabili, con risvolti positivi in termini di crescita personale.
A Torino, al Campus Lingotto, l’associazione MinD Mad in Design porta avanti un lavoro basato sul “fare insieme”, organizzando a cadenza annuale dei workshop tematici che riuniscono studenti universitari, utenti dei servizi di salute mentale, educatori e infermieri. Un dato certo è che tra la cultura creativa e la salute mentale esistono delle sinergie, entrambe le pratiche aiutano e riconoscere competenze e risorse spesso latenti, poiché la progettazione è uno strumento di grande inclusione.
I designer coinvolti nel progetto guidano dei team di progettazione multidisciplinari che lavorano su diversi aspetti del tema prescelto. Quest’anno, per esempio, nell’ultima edizione del workshop, all’interno del tema generale “Prendersi cura” gli organizzatori si sono concentrati sull’olfatto e hanno guidato i partecipanti nella creazione di una loro personalissima geografia olfattiva, basata sulle esperienze quotidiane e sui ricordi d’infanzia. Un lavoro eccezionale che è stato anche un antidoto all’odore del luogo di cura, spesso sgradevole. Il punto di arrivo è solitamente un concept di progetto, qualche volta un prototipo non industriale, costruito con mezzi artigianali poiché il fine ultimo non è la commercializzazione del prodotto ma l’efficacia terapeutica del suo iter progettuale.
Nel 2018 è stato realizzato un workshop con l’azienda LAGO sul tema del tavolo, un oggetto che ha una forte valenza simbolica essendo il luogo della convivialità e della condivisione. Anche in questo caso l’esito del workshop non è stato un prodotto da commercializzare, ma lo sviluppo di diverse idee interessanti, che possono costituire l’anima di nuovi prodotti capaci di farci vivere meglio il quotidiano non solo dal punto di vista funzionale ma anche emotivo. Contatto, ad esempio, è un complemento d’arredo realizzato sotto la guida del designer Marco Marzini, è una sorta di sfera morbida che si appoggia al tavolo e lo trasforma in un luogo di relazione empatica, cui appoggiarsi per una coccola o un abbraccio. “L’idea viene da un utente, che ha raccontato al gruppo la sua abitudine di appoggiare la testa sul tavolo per scaricare la tensione nei momenti difficili”.